lunedì 28 ottobre 2013

Il nostro viaggio andata e ritorno dall'Inferno.

L'Inferno non é un luogo.
L'Inferno é uno stato dell'anima.
Ci sono stata in questi giorni. 
Ora, però, son tornata, grazie a Dio.

Ricorderò per sempre la pura angoscia che mi stritolava il cuore il giorno prima dell'intervento, l'ansia per i 4 km nel centro di Firenze fatti in due ore di auto imbottigliati nel traffico e che rischiavano di farci arrivare in ritardo per il ricovero. Ricorderò il tuo pianto mentre ti attaccavano flebo, elettrodi, saturimetri senza che capissi cosa stava succedendo; io potevo solo farti sentire la mia voce ma non spiegarti quello che ti sarebbe accaduto. E lì imparavo a conoscere la frustrazione. 
Ricorderò per sempre il momento in cui ti ho accompagnato in sala operatoria. I tuoi grandi occhioni blu si guardavano, placidi ed ignari, tutt'attorno fino a quando l'anestesista ti ha appoggiato la mascherina per la totale sulla bocca...son bastati due minuti a farteli chiudere ed ad abbandonare la presa della tua piccola manina dalla mia. Sono state due ore interminabili, papà ed io abbiamo pregato, ci siamo abbracciati ed abbiamo fatto solo ciò che potevamo: attendere. Aspettare che quella grande porta di ferro si aprisse per far uscire il neurochirurgo. Eccolo, é uscito. Sorride. BENE. Dice che l'intervento si é concluso perfettamente. Prima boccata d'ossigeno che ci arriva al cervello, comincio ad essere meno offuscata e confusa. Aspettiamo il tuo risveglio che arriva con un pianto disperato, perso, smarrito, mai sentito prima. Appena senti la mia voce ti calmi, facendomi sentire utile. Passo tutta la notte a calmare i tuoi risvegli spaventati e doloranti. Come tutte le notti, anche quella é passata. Comincia la tua ripresa: la mattina ti tolgono il catetere, le flebo, il saturimetro e tutto il bendaggio che hai in testa. Scoprono la cicatrice, lunga tutta la tua testolina. Diventerà meno gonfia, meno rossa, meno visibile. Penso a questo per cercare di non svenire. Quando, invece, hanno cercato di grattare le croste di sangue dalla ferita con una pinzetta, ecco, lí sono diventata bianca come un lenzuolo, tanto che l'infermiera mi ha accompagnato a sdraiarmi. É vero, non volevo mollare ma avrei sicuramente vomitato o sarei svenuta, ero troppo stanca, avevo l'influenza e avevo lo stomaco troppo chiuso per mangiare sufficientemente in quei giorni. Per fortuna il tuo papà é riuscito a tenerti fermo e a finire il lavoro. Siete stati bravissimi e molto forti. Tu più di tutti noi.
Quanti ricordi mi porterò dentro. Ricorderò ogni lacrima che mi é scesa sentendo piangere disperatamente le mamme nei bagni, ricorderò ogni storia che ho sentito in quell'ospedale, ricorderò ogni sorriso di speranza, ogni visino di bimbo reso paziente dalla sofferenza, bimbi così non se ne vedono in giro. 
Da oggi torno ad essere me stessa, ma non proprio uguale a prima, sento che ho aggiunto qualcosa.
Ben tornato a casa mio piccino.

giovedì 10 ottobre 2013

Occhi blu e craniostenosi.

La genetica spesso riserva delle sorprese.

Belle come i tuoi meravigliosi occhioni blu, di un colore che ricordo apparteneva solo ai nonni.
Brutte come la tua craniostenosi.

Una parola che non avevo mai sentito prima che la pronunciasse la tua pediatra. Mi è rimbombata nella testa per dei minuti interi, non consentendomi di ascoltare più altro.
Significa che le ossa del cranio si sono precocemente saldate tra di loro ed il cervello non ha il giusto spazio per crescere.
Significa che ti dovranno operare. Il neurochirurgo te le separerà, piccolino mio. Lo farà il 25 ottobre. Avrai 5 mesi, sarai piccolo, sì, ma forte. Lo sei, ce l'hai già dimostrato. Ho capito che hai un carattere meraviglioso, sorridente, curioso e tanto dolce. Ti ho adorato fin dal tuo primo giorno di vita perché è facile farlo, non richiede sforzi. Lo sforzo, invece, è richiesto a noi che dovremo essere forti per te, dal momento in cui ti accompagnerò in sala operatoria, al momento in cui aprirai gli occhi risvegliandoti dall'anestesia. 
Intanto io prego, prego affinché tutto fili liscio, affinché arrivi presto il momento in cui ci butteremo tutto alle spalle come se fosse un vecchio ricordo, un pezzo di strada in salita che però mi sta rendendo più tenace e coraggiosa di quanto non lo fossi prima.

La sola cosa di cui sono certa che è sarò lì con te.

mercoledì 2 ottobre 2013

Di bici da corsa e scollinamenti

Quando ancora non avevo figli, esattamente fino a 4 anni fa, avevo una bici da corsa.
Bianca e leggerissima.
Spesso, dopo il lavoro, agganciavo le scarpette ai pedali e - che vuoi che facessi?! - pedalavo.
Ho sempre pensato che la bicicletta fosse una metafora della Vita.
Quante volte mi sono trovata di fronte ad una salita, difficile, ostile, che al solo guardarla dal basso ho pensato che non ce l'avrei fatta, ogni singola cellula del mio corpo ed ogni singola sinapsi del mio cervello erano lì a gridarmi "ma sei scema Marta, lascia perdere, vatti a bere un aperitivo"...
Ed invece iniziavo, una piccola pedalata alla volta. Difficile, duro, estenuante il momento della salita.
In più avevo anche l'incognita di COSA avrei trovato dietro la curva che precedeva la discesa.
Già, perché ogni momento di difficoltà porta con sé un cambiamento quando passa. Ciò che sarà lo si scopre solo "dopo la curva" e la salita la devi affrontare, eccome. A denti stretti.
Poi, nemmeno potevo crederci, arrivavo in cima e oltre la curva mi si aprivano i polmoni ed il cuore, i miei occhi si riempivano di quel panorama che solo quando sfiori il cielo con un dito puoi goderti. Sopra tutto e tutti. Ci ero riuscita...alla faccia delle mie cellule e delle mie sinapsi lazzarone.

Poi...e poi..."si scollina" e si torna a casa, felici.

Dopo ogni momento che fa paura, che cerca di abbattere, c'è sempre lo scollinamento, quel momento in cui si sente il vento insinuarsi tra i capelli e tra i pensieri, forte, abbastanza forte da districare entrambi.

Mi sa che - prima o poi - me la ricomprerò la bici, perché di "salite" solo nella vita quotidiana sono stufa...almeno così mi farò pure i muscoli...